Privacy a pagamento: La “libera“ scelta del consenso
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Nell’era del digitale, il valore della privacy personale e la libertà del consenso vengono continuamente messi alla prova. Il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) stabilisce chiaramente che il consenso degli utenti deve essere “liberamente espresso”. Ma cosa accade quando il consenso è collegato a un costo monetario, o peggio, alla rinuncia di un servizio?
La recente proposta di Meta, che offre agli utenti la possibilità di evitare la profilazione pubblicitaria in cambio di un abbonamento a pagamento, solleva importanti interrogativi su questa tematica.
Contesto
Il consenso, secondo il GDPR, deve essere una manifestazione di volontà libera, specifica, informata e inequivocabile. La libertà è la pietra angolare di questa definizione: gli utenti devono avere una vera scelta e non devono subire conseguenze negative per il rifiuto di dare il proprio consenso.
Il caso Facebook/Meta
Facebook ha presentato agli utenti una schermata: consentire la profilazione per la pubblicità personalizzata senza costi aggiuntivi o optare per una navigazione priva di annunci pubblicitari dietro il pagamento di una tariffa. Una scelta apparentemente semplice ma carica di implicazioni per il concetto di “consenso libero”.
Analisi del consenso
Innanzitutto, è importante notare che il consenso non è valido se è condizionato. In questo caso, il consenso al trattamento dei dati personali è condizionato alla prestazione di un servizio, ovvero la possibilità di navigare senza pubblicità.
Secondo il GDPR (Art. 7, comma 4) , il consenso è considerato condizionato quando “l’esecuzione di un contratto, compresa la prestazione di un servizio, è condizionata alla prestazione del consenso al trattamento di dati personali non necessario all’esecuzione di tale contratto”.
Nel caso di Facebook, la prestazione del servizio di navigazione senza pubblicità non è necessaria all’esecuzione del contratto di utilizzo dell’app. L’app può essere utilizzata anche senza disattivare la pubblicità.
In secondo luogo, è importante considerare che il consenso non è valido se è basato su un’ingiustificata pressione o coercizione. Nel caso di Facebook, l’utente è posto di fronte a una scelta difficile: da un lato, può continuare a utilizzare l’app con la pubblicità, dall’altro, può pagare un abbonamento mensile per navigare senza pubblicità.
Il costo della privacy
Introdurre un modello a pagamento per evitare la profilazione implica che solo chi può permetterselo possa godere di una privacy completa. Questo mette in discussione la neutralità del consenso e suggerisce che la privacy sia diventata una commodity piuttosto che un diritto fondamentale garantito.
Cookie Walls: Una situazione simile
Una dinamica analoga si riscontra con i “cookie walls”, dove l’accesso ai contenuti di un sito web è condizionato dall’accettazione dei cookie di tracciamento. Sebbene l’EDPB (European Data Protection Board) abbia chiarito che questa pratica può compromettere la libertà del consenso, continua a essere un’area grigia nella quale gli utenti si trovano a navigare.
Discriminazione economica e libertà di consenso
L’approccio di Meta rischia di creare una discriminazione basata sulla capacità economica degli utenti. Se il diritto alla privacy è condizionato da un costo, chi non può permettersi di pagare viene implicitamente escluso dalla possibilità di esercitare appieno tale diritto.
La proposta di Meta solleva un questionamento fondamentale: il consenso può essere veramente libero se è legato a una transazione economica? Questo dibattito va al cuore del GDPR, che mira a proteggere i dati personali come un’estensione dell’autonomia individuale e non come una merce. È fondamentale che la protezione dei dati personali resti un diritto inalienabile, non soggetto a un prezzo.